Tutti i contatti recuperati tramite un modulo o una landing page non hanno lo stesso valore per la tua azienda. Alcuni sono vere opportunità di vendita, altri sono curiosi senza intenzione d’acquisto, e altri ancora sono semplici dati parassiti. Piuttosto che ragionare esclusivamente in termini di volume, è importante rispondere a una domanda chiave: qual è il livello di qualificazione dei miei prospect? È questa distinzione tra lead qualificati, buoni lead e cattivi lead che determina l’efficacia di una strategia di generazione di prospect.
Qualità dei lead: di cosa parliamo esattamente?
Un lead non è un semplice contatto o un indirizzo email raccolto a caso. La sua qualità è definita dalla sua pertinenza dal punto di vista commerciale, dalla sua probabilità di conversione e dall’affidabilità delle informazioni che lo riguardano.
- Per la pertinenza: il lead corrisponde al tuo mercato target (settore, dimensione dell’azienda, localizzazione, potere d’acquisto)?
- Per la probabilità di conversione: il lead ha espresso un bisogno, un’intenzione o un comportamento che può portare a un acquisto (download di un libro bianco, richiesta di demo, aggiunta al carrello)?
- Per l’affidabilità delle informazioni: i dati raccolti sono esatti, verificati e utilizzabili (indirizzo email valido, numero di telefono attivo, assenza di duplicati)?
Distinguere tra i diversi tipi di lead: qualificati, buoni, cattivi
1) Il lead qualificato
Il lead qualificato è un prospect validato e maturo, che ha manifestato un bisogno concreto, un progetto identificato o un problema da risolvere (richiesta di demo, preventivo, aggiunta di prodotto al carrello, ecc.). Ha quindi superato una soglia di impegno sufficiente per entrare nel ciclo di vendita.
Esempio: Un responsabile marketing che, dopo diverse letture di contenuti, compila un modulo per testare gratuitamente una soluzione di emailing.
2) Il buon lead
Il buon lead è un prospect promettente che corrisponde al target e i cui dati sono affidabili e utilizzabili. Ha mostrato alcuni segni di interesse (iscrizione a una newsletter, download di contenuti, visite regolari al sito), ma nulla che provi ancora un’intenzione di acquisto chiara. Questo lead è quindi considerato un’opportunità potenziale ma rimane nella fase di esplorazione; non è ancora pronto all’acquisto.
Esempio: Una cliente crea un account su un sito e-commerce e consulta spesso prodotti, senza aver ancora aggiunto articoli al carrello.
3) Il cattivo lead
Al contrario, alcuni lead non presentano alcun valore per un’azienda, anzi potrebbero nuocere alle sue prestazioni. È il caso, ad esempio, dei contatti i cui dati sono falsi o errati (email non valide, nomi falsi, numeri inesistenti) e dei contatti ottenuti attraverso pratiche dubbie (liste acquistate, moduli spam). Può anche trattarsi di persone che non corrispondono al target. Insomma, individui che non hanno alcuna intenzione reale di acquistare.
Questi lead inquinanti diluiscono i tuoi sforzi, falsano le tue statistiche e possono impattare negativamente la tua deliverabilità email.
Esempio: Un indirizzo email usa e getta inserito unicamente per approfittare di un codice promozionale.

Perché la qualità prevale sulla quantità?
L’impatto diretto sul ROI
Un piccolo volume di lead qualificati genera più ricavi di una base massiva di contatti non pertinenti. La qualità riduce il costo di acquisizione cliente poiché il lavoro del marketing o dei commerciali si concentra su prospect realmente interessati.
La protezione della reputazione email
Inviare email a indirizzi inattivi o falsi aumenta i tassi di rimbalzo e i posizionamenti in spam, il che in seguito abbassera notevolmente il tuo punteggio di deliverabilità. Al contrario, con una base pulita, composta da lead di qualità, hai molte più possibilità di arrivare nella casella di posta in arrivo.
Un guadagno di tempo prezioso per i commerciali
Una lista che include molti cattivi lead obbliga i team di vendita a passare ore su prospect che non acquisteranno mai. Una perdita di tempo e denaro considerevole per l’azienda.
Al contrario, con lead buoni o qualificati, i team possono concentrare la loro energia su vere opportunità.
L’ottimizzazione del nurturing
Sapere distinguere i buoni lead dai cattivi permette di costruire scenari automatizzati più efficaci: un lead freddo riceve contenuto educativo, mentre un lead caldo viene contattato da un commerciale.
6 metodi per migliorare la qualità dei lead
1) Curare la raccolta sin dall’inizio
Migliorare la qualità dei lead parte dalla raccolta. I moduli di iscrizione devono essere pensati in modo intelligente: abbastanza brevi da non scoraggiare i prospect, ma sufficientemente dettagliati per filtrare i curiosi e raccogliere informazioni utili.
L’aggiunta di campi strategici, come la dimensione dell’azienda o il settore di attività, è un buon modo per valutare rapidamente la pertinenza del contatto.
Senza dimenticare il double opt-in, un passaggio imprescindibile per garantire la validità degli indirizzi email e escludere i falsi profili.
2) Pulire e verificare la base in modo continuo
La qualità di una base è qualcosa che va mantenuto. Puoi pulirla oggi, ma sarà probabilmente necessario rifarlo tra un po’ per verificare che gli indirizzi siano ancora validi, i contatti attivi e che non ci siano duplicati. L’obiettivo è quindi di verificare regolarmente la tua lista e rimuovere i profili inutilizzabili.
Per ricordare: acquistare o affittare un database porta molti cattivi lead e può gravemente danneggiare la tua reputazione di mittente.
3) Affinare il targeting e la segmentazione
Piuttosto che inviare un messaggio generico a un pubblico ampio, è meglio concentrarsi su prospect che corrispondono al tuo profilo di cliente ideale.
Fai una segmentazione precisa, basata sia sulle caratteristiche del prospect (settore, funzione, localizzazione) che sul suo comportamento (numero di visite, download, clic), per personalizzare le tue campagne e attrarre buoni lead.
4) Educare e accompagnare i prospect
Un lead non passa da “buono” a “qualificato” in un batter d’occhio. Ha bisogno di essere accompagnato, informato e guidato, insomma coccolato, lungo tutto il suo percorso di acquisto. Questo è proprio il ruolo del nurturing.
Condividendo contenuti di alto valore aggiunto (articoli pedagogici, studi di caso, confronti, testimonianze di clienti, ecc.), mantieni l’interesse del prospect che diventa sempre più maturo. È così che una semplice curiosità si trasforma in un’autentica intenzione d’acquisto.
5) Usare il punteggio per dare priorità
Per distinguere i contatti più promettenti, implementare un sistema di punteggio (“scoring”) è un’ottima idea. Il principio? A ogni interazione (apertura di email, download, richiesta di demo), vengono assegnati punti al prospect. Questo sistema consente di classificare i lead, di concentrarsi su quelli con un punteggio elevato e di adattare i criteri in base ai risultati ottenuti.
6) Garantire un allineamento marketing-vendite
La qualità dei lead si basa anche sulla collaborazione tra i team di marketing e commerciali. È necessario definire insieme cosa sia un lead qualificato e condividere i feedback: quali profili si convertono davvero, quali non portano mai a nulla?
Questo dialogo costante tra i due team aiuterà sicuramente a trasformare le opportunità in clienti.
Non è il numero di contatti che fa la differenza, ma la loro pertinenza. Ancora una volta, è la qualità a prevalere sulla quantità! Una base più ristretta, ma composta da prospect affidabili e realmente interessati è molto più preziosa di una moltitudine di indirizzi inutili. Puntare sulla qualità dei lead significa migliorare la deliverabilità delle campagne e indirizzare gli sforzi dei team su vere opportunità.
