Nelle piattaforme di invio, il termine “consegnato” sembra una buona notizia. È una casella spuntata, una fase superata, una percentuale che rassicura quando è alta. Ma cosa significa davvero? La consegna garantisce che il messaggio sia stato effettivamente visto, letto, o anche solo aperto dal destinatario? Non sempre. Nell’era del filtraggio algoritmico, delle caselle di posta intelligenti e della protezione avanzata degli utenti, un email può essere marcato come “consegnato” ma non apparire mai agli occhi del suo destinatario. È proprio questo che esploreremo qui: il vero percorso di un messaggio, dal momento in cui lascia il vostro server di invio fino alla sua eventuale ricezione da parte dell’utente finale.
Cosa significa “consegnato” in un rapporto di email marketing
Consegnato non significa letto, tantomeno visto. Quando si consultano le statistiche della vostra campagna, la menzione “consegnato” significa semplicemente che il server del provider di posta elettronica ha ricevuto il vostro messaggio. Tecnicamente, significa che non ci sono stati rimbalzi (né soft né hard).
Ma attenzione: questa conferma non garantisce affatto che l’email sia arrivata nella casella di posta principale. Potrebbe essere stata reindirizzata nella cartella spam, nell’area delle “promozioni”, nel cestino automatico, o addirittura bloccata senza alcun avviso visibile. In altre parole, avete attraversato una porta, ma non necessariamente quella giusta.
È quindi fondamentale distinguere tra consegna al server e consegna nella casella di posta. Ed è quest’ultima che bisogna puntare se si desidera ottimizzare le proprie prestazioni.
Anatomia di un invio email: le fasi nascoste
Per capire cosa avviene tra il click su “invia” e la ricezione effettiva, bisogna analizzare i vari processi che un email attraversa.
1) I controlli tecnici
I provider di posta elettronica analizzano le vostre intestazioni, la vostra configurazione del mittente, le vostre firme di autenticazione (SPF, DKIM, DMARC) e la reputazione del vostro dominio. Se qualcosa non va, la vostra email può essere messa in quarantena o rifiutata discretamente.
2) L’analisi comportamentale
I provider esaminano il vostro storico: i precedenti tassi di apertura, eventuali segnalazioni come spam, la frequenza dei vostri invii e persino il livello di coinvolgimento generato dalle vostre campagne.
Questa fase si basa quindi su algoritmi capaci di analizzare l’intero storico in questione per determinare come classificare il vostro messaggio: nella casella principale, nell’area “promozioni”, nello spam… o altrove.
3) I filtri degli utenti
Alcuni utenti impostano regole personalizzate, altri utilizzano estensioni di sicurezza o client email con il proprio metodo di organizzazione. È quindi possibile che un email ben strutturato, tecnicamente corretto e apparentemente legittimo, venga comunque ignorato.
Casella di posta o spam: ciò che i provider non dicono sempre
I fornitori di accesso a Internet e i servizi di posta elettronica non comunicano mai chiaramente le regole precise del loro smistamento automatico, ma i professionisti dell’email marketing hanno osservato diversi fattori determinanti.
Per prima cosa, la reputazione del mittente gioca un ruolo centrale. Se utilizzate un indirizzo IP condiviso con mittenti dubbiosi, o se il vostro dominio è stato associato a pratiche abusive, il vostro messaggio è immediatamente sospetto. Al contrario, un mittente riconosciuto, regolare e rispettoso delle buone pratiche riceve un trattamento di favore.
Anche il contenuto del vostro messaggio è fondamentale. Alcune parole, formulazioni o strutture HTML sono associate agli spam. Un oggetto troppo commerciale, una formattazione confusa, link sospetti o uno squilibrio tra testo e immagine possono far pendere la bilancia dal lato sbagliato.
Ma il fattore più decisivo è spesso il comportamento dei destinatari. Se questi aprono le vostre email, cliccano, rispondono o vi aggiungono ai loro contatti, ciò invia un segnale positivo ai provider. Al contrario, un alto tasso di disiscrizioni o segnalazioni come spam riducono drasticamente le vostre possibilità di finire nella casella di posta.
È possibile sapere se un email è davvero arrivato?
Gli strumenti di tracciamento tradizionali forniscono una prima idea, ma sono sempre meno affidabili. Il famoso pixel di apertura è oggi ampiamente distorto, specialmente dopo l’implementazione della protezione della privacy da parte di Apple Mail, che pre-carica le email senza una reale interazione dell’utente.
Le statistiche di apertura possono quindi essere gonfiate, mentre alcuni clic sono in realtà generati da robot di sicurezza o anteprime automatiche. In breve, i dati non riflettono sempre l’esperienza reale del destinatario.
Per approfondire la questione, può essere utile utilizzare strumenti più avanzati: test di inbox placement (che simulano l’invio verso indirizzi distribuiti su diversi provider), feedback loop (che vi informano delle segnalazioni), o ancora strumenti di analisi della reputazione e della consegna. Queste soluzioni permettono di ottenere una stima più realistica delle reali prestazioni dei vostri invii.
Migliorare la vera consegna: consigli dei professionisti
Curate la qualità delle vostre liste. Una base trascurata, piena di indirizzi inattivi o non validi, danneggia la vostra reputazione. Utilizzate uno strumento di verifica per pulire regolarmente i vostri contatti ed evitare le trappole dello spam.
Puntate sulla personalizzazione e sulla segmentazione per mirare meglio i vostri messaggi. Inviando email pertinenti, al momento giusto, a segmenti ben definiti, aumentate le vostre probabilità di essere aperti… e letti.
Curate il vostro contenuto. Evitate formulazioni troppo commerciali, eccessi di maiuscole o di punti esclamativi, e puntate su oggetti di email coinvolgenti ma sinceri. Un buon rapporto testo/immagine, call to action chiari, una leggibilità mobile ottimizzata: ogni dettaglio conta.
Adottate un’igiene tecnica impeccabile. Configurate correttamente i vostri DNS, monitorate i vostri IP, e se necessario, passate a un indirizzo IP dedicato. È consigliato anche un processo di “warm-up” progressivo per nuovi indirizzi o piattaforme di invio.
Puntare sulla relazione, non solo sulla ricezione
Ridurre il successo di un email alla sola consegna è un errore. Non è perché un messaggio è stato accettato da un server che ha realmente raggiunto il suo obiettivo. Il vero successo di un invio si misura dal suo impatto: apertura, lettura, coinvolgimento, conversione. E soprattutto, dalla qualità della relazione che si costruisce con i propri destinatari.
Non limitatevi quindi a inviare. Osservate, testate, pulite, adattate. La domanda vera non è: “Il mio email è stato consegnato?”, ma piuttosto: “Sono rilevante, legittimo e gradito nello spazio del mio pubblico?”.